STORIA DEL GIAPPONE - LA GENESI

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    古事記



    日本創世記



    Attenzione! Questo è un angolo dedicato alla cultura e caratterizzato da un testo molto lungo. Leggete a vostro rischio e pericolo! :lol:

    PRIMA PARTE



    Il Kojiki (古事記), "cronache di antichi fatti", è considerato il testo giapponese più antico, compilato nel 712 d.C. e presentato alla corte nello stesso anno, al quale seguì alcuni anni più tardi, nel 720, il Nihon Shoki (日本書紀), "cronache del Giappone".
    Il Kojiki riveste un'importanza particolare non solo per la sua antichità, ma soprattutto perché è considerato il libro sacro dello shintoismo e, inoltre, perché costituisce una vasta fonte di informazioni riguardo le credenze antiche agli albori della civiltà giapponese. L'opera, divisa in tre tomi, ha inizio con la narrazione della creazione dell'universo, rappresentato come una sorta di materia primordiale, la quale in seguito a un improvviso congelamento si separa in due parti distinte: il cielo e la terra. Continua con il resoconto della creazione del Giappone, la cui data è tradizionalmente il 660 a.C., e con i regni degli imperatori. Infine, nell'ultimo libro, narra dei fatti più propriamente storici o presunti tali. In ogni caso, la caratteristica principale è il gran numero di leggende, miti e fiabe che il testo riporta, e che possono aiutarci a comprendere meglio quale sia l'origine del carattere e della mentalità propria di questo popolo, almeno in parte.
    Nella prefazione, in uno stile ostentato e con un uso eccessivo di retorica nelle parti relative agli elogi all'imperatore, scritta da Ō-No-Yasumaro (太安万侶), si fa, inoltre, riferimento al modo in cui l'opera è stata scritta, ovvero un giapponese in cui si utilizzavano i soli caratteri cinesi in differenti modi, visto che a quel tempo ancora non era stato inventato l'attuale sillabario; un sistema molto complesso ma, per quanto problematico, efficace.
    Piuttosto, è importante il riferimento alle fonti sulle quali si basa il Kojiki. Difatti, pare esistessero alcuni documenti scritti prima della sua compilazione, tra i quali il Teiki (帝記) , "cronache imperiali", e l' Honji (本辞), "dettami fondamentali", dei quali non è rimasta traccia, che vennero salvati dalle fiamme in un incendio provocato nel 645 d.C. dalla fazione perdente in una lotta per il potere. Questi testi vennero poi memorizzati dall'attendente di corte, il Toneri (舎人), Hieda no Are (稗田 阿礼), per ordine dell'imperatore nel 681 d.C. . Are, che all'epoca aveva 28 anni, è ritenuto un personaggio dotato di una memoria prodigiosa, e conosciuto anche per il fervido dibattito accesosi riguardo al suo sesso. Alla fine si è arrivati a una conclusione, perlomeno la più ragionevole, che Are sia un uomo, basandosi sui documenti riportanti i nomi propri dell'epoca, in cui Are figura come nome prettamente maschile, la cui controparte femminile pare essere Areme (il suffisso -me indica solitamente nomi femminili). In ogni caso, il punto non è stato ancora del tutto chiarito e vi sono altre teorie apprezzabili che danno una diversa interpretazione.
    Comunque, al di là dei punti oscuri riguardanti la compilazione, il Kojiki è un'opera di importanza storica notevole, che venne anche esaltata durante la seconda guerra mondiale come " l'incarnazione dello spirito giapponese", e fu quindi considerata di stampo mascolino, virile, in contrapposizione ad altre opere di tipo femminile come il Genji Monogatari (源氏物語), "Il racconto di Genji", considerata la più alta forma di letteratura giapponese e scritta da una donna. Un aspetto negativo del Kojiki sta nella successione, spesso senza un filo logico, di storie, leggende e altri racconti; cioè, quindi, la mancanza di un'unità, cui si accompagnano spesso contraddizioni e prolissità.
    In altre parole, un'immaginazione molto fertile, quella degli antichi giapponesi, ma decisamente priva dell'intensità che un'opera in prosa richiederebbe. Ciò nonostante, i singoli avvenimenti sono di un interesse unico a cominciare dalla "Genesi", ovvero dalla creazione mitica del Giappone con le sue divinità e le sue vicende, alla quale passiamo subito.
    Qui di seguito un'immagine del Kojiki da un manoscritto di proprietà del tempio buddista Shinpuku (真福寺), considerato un tesoro nazionale. Non è il manoscritto originale, di cui non si sa nulla, ma una copia risalente al 1371 ad opera del monaco Ken'yu (賢瑜).

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    LA GENESI



    La storia s'incomincia, dopo la creazione del cielo e della terra di cui si è già scritto, con la nascita di tre divinità originarie, senza un precisa indicazione di come ciò sia avvenuto. Queste prendono posto nella cosiddetta takama no hara o takama ga hara (高天原), l' "alta piana dei cieli". La terra al di sotto somiglia molto a un fluido che ricorda dell' "olio galleggiante", che si vede "fluttuare come una medusa", come narra lo stesso Kojiki. I primi segni di vita in questo mondo amorfo sono "qualcosa di simile a getti di una canna". Un'immagine, perciò, molto vivida e priva di quell'astrazione propria di altre opere più complesse.
    Successivamente vengono create diverse divinità che prendono il nome di "dei celesti", tra le quali le più importanti e principali protagoniste della creazione: Izanagi (伊邪那岐神) (si legge Izanaghi), la divinità maschile, e Izanami (伊邪那美神), la divinità femminile, in una dicotomia la quale, al di là dell'ovvio simbolismo legato al concepimento e quindi alla creazione della vita, rivela la precisa connotazione dei sessi e nella successiva narrazione una rigida distinzione dei ruoli già evidente nel Giappone del tempo.
    Dunque, le due divinità procreatrici ricevono l'ordine dalle tre divinità originarie di creare e solidificare il fluido amorfo; Izanagi raggiunge il "ponte fluttuante del cielo", ame no uki-hashi (天の浮橋), e da lì immerge nel fluido una lancia gemmata, mescolando e rimestando l'acqua salmastra fin quando, ritratta la lancia, una goccia non ricade nel fluido e dopo essersi ingrandita si rapprende a formare un'isola chiamata Onogoro (淤能碁呂島).

    In questa immagine una raffigurazione di Izanagi che ritrae la lancia:
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    Quest'isola che non è identificabile con nessuna isola attualmente esistente, fungerà solo da palcoscenico per gli eventi successivi necessari al completamento della creazione. La necessità era di portare a termine il compito sulla terraferma. Izanagi e Izanami discendono su questa nuova terra e dopo essersi fermati per un attimo cominciano a guardarsi l'un l'altro; alla fine Izanagi stabilisce che ciò che è "in eccesso" sul suo corpo debba compensare ciò che "manca" ad Izanami. Un riferimento al rapporto sessuale visto in modo simbolico, come la narrazione successiva suggerirà, e che vede dapprima Izanami dall'alto di una colonna salutare Izanagi il quale corre intorno a essa visibilmente infastidito di trovarsi in una posizione d'inferiorità rispetto a una donna, soprattutto in riferimento al fatto che la "donna abbia parlato prima di lui" salutandolo; ciò nonostante, portano avanti il loro compito di procreare. Il primo risultato è una "mignatta deforme", una "sanguisuga", così repellente che i due decidono di metterla su una barca e farla portare via dalla corrente; il tentativo successivo è quello di creare un'isola, ma anche in questo caso il risultato è un vero e proprio aborto e viene scartato.
    La coppia perciò consulta le tre divinità originarie, le quali stabiliscono che l'errore sta nel fatto che Izanami salutando abbia parlato per prima, così come lo stesso Izanagi aveva arguito. Un'allegoria che richiama, come già detto, la rigida distinzione dei ruoli. Perciò, i due discendono nuovamente sulla terra invertendo i ruoli: Izanagi andrà sulla cima della colonna e da lì parlerà per primo salutando la consorte, la quale girerà intorno a lui. Questa volta il risultato è di tutt'altro tenore e ciò che viene alla luce è decisamente ben riuscito: il primo gruppo della progenie è costituito da otto isole fra le quali tre delle quattro isole principali dell'attuale Giappone - Honshū, Shikoku, Kyūshū- seguito da un gruppo di sei di minore importanza.
    Importante l'insistenza sul numero otto, sia quando si tratta di creazione di isole o di nascita di altri dei, in cui questo numero è una costante; probabilmente un numero sufficientemente grande e riconoscibile per definire la nascita di isole, divinità o altro in una certa quantità e dotato di una qualche valenza magica. In ogni caso, un'eccezione alla preferenza dei giapponesi per i numeri dispari, che caratterizza gran parte della loro cultura.
    Con questo si conclude la creazione delle terre, e la narrazione procede con la procreazione delle varie divinità del mare, del vento, delle montagne, della terra e di altri aspetti della natura. Durante questi avvenimenti Izanami muore dopo aver dato alla luce la divinità del fuoco, che nascendo le aveva bruciato l'organo genitale. Dal suo vomito, feci e urine, il tutto causato dagli effetti delle ustioni, verranno al mondo varie divinità, circa 35.
    Izanagi furioso per la morte della consorte, decapita il proprio figlio, dio del fuoco. Il sangue di quest'ultimo, rimasto sulla spada, produce altre tre divinità e prima che il liquido perda il proprio effetto generativo ne vengono fuori altre cinque, ovvero il numero otto a cui si è già accennato.
    Dopo la morte di Izanami, il marito decide di recarsi nel paese di Yomi (黄泉), ovvero la terra dei morti, per ritrovare la propria amata, poiché era necessario portare a termine la creazione e assolvere il compito assegnato. Non appena giunge all'entrata della terra dei morti, Izanagi vede farsi incontro dall'oscurità Izanami, la quale gli impone di allontanarsi, perché avendo mangiato il cibo di Yomi non potrà più tornare in vita. Quest'ultima decide anche di andare a implorare le divinità, affinché le concedano di porter tornare sulla terra ma, non vedendola riapparire, Izanagi comincia a cercarla. Stacca un dente dal pettine che ornava i suoi capelli, ne fa una torcia e si inoltra nel regno di Yomi. Con orrore scopre il cadavere di Izanami che si contorce e ringhia divorato dai vermi, mentre otto divinità del tuono sbucano da varie parti del suo corpo. Izanagi fugge atterrito e inorridito da quella scena.
    Izanami, umiliata, gli lancia contro le "Furie di Yomi" per catturarlo, ma Izanagi, allo scopo di distrarle, estrae la ghirlanda che porta in testa e la scaglia verso di loro; questa si trasforma in una vite selvatica che dà l'effetto sperato: fermare gli inseguitori. Ma non basta. Decide di prendere anche il suo pettine e scagliarlo: il pettine si trasforma in dei getti di bambù che avidamente le Furie raccolgono e divorano, permettendo a Izanagi di continuare la fuga. A questo punto sono gli "ottanta dei del Tuono" che vengono lanciati all'inseguimento, ma Izanagi li fende con la sua spada, e poi lancia contro di loro delle pesche, riuscendo così ad allontanarli. La pesca simboleggia l'aiuto e la fortuna e le sue proprietà sono ritenute magiche. Infine è la stessa Izanami ad avventarsi contro Izanagi, ma questi riesce con un enorme masso a ostruire l'entrata, rinchiudendo per sempre all'interno la sua consorte, ormai furiosa e deforme. L'ultimo loro scambio di parole è rabbioso: Izanami giura che ucciderà mille persone ogni giorno per vendicarsi dell'umiliazione subita e Izanagi ribatte che farà nascere 1500 persone ogni giorno, chiudendo qui la questione.
    Lasciata la cava, Izanagi si reca presso un fiume dove si purifica - l'atto di purificazione è detto misogi ()- della lordura e del sozzume -le impurità vengono chiamate kegare (穢れ)- del regno di Yomi che aveva addosso; e lì ogni parte del suo corpo che viene a contatto con l'acqua si trasforma istantaneamente in una divinità.
    Tre in particolare: Amaterasu (天照大御神), nata dal lavacro dell'occhio sinistro, a cui assegna l'alta piana del cielo, takama no hara; Tsukiyomi o Tsukuyomi (月讀命), nata dal lavacro dell'occhio destro, a cui assegna il regno della notte; e Susanoo (建速須佐之男命), nato dal lavacro del naso, a cui assegna l'oceano. Quest'ultimo è il principale protagonista con Amaterasu delle vicende successive. Tsukiyomi scomparirà quasi immediatamente dalla narrazione, ed è presente solo per completezza e per definire un certo numero, in questo caso il tre (tre divinità). Amaterasu è considerata la principale divinità dello shintoismo e oggetto di riti, culti e leggende.

    Ecco una raffigurazione di Amaterasu:
    Amaterasu_cave_crop

    Con questo si chiude la "Genesi" propriamente detta, con la nascita delle due divinità che daranno vita alla narrazione successiva, l'era degli dei, che porterà alla discesa sulla terra del primo imperatore giapponese, che fino alla seconda guerra mondiale era considerato un dio proprio in virtù di questo suo legame divino di sangue, come afferma il Kojiki.

    ^_^
    Propongo la seconda parte, l' "era degli dei", con una lunga premessa critica sugli elementi propri del primo libro, la "Genesi", per comprendere meglio gli eventi successivi.

    Seconda parte
    L'era degli dei


    La "Genesi" si conclude con la creazione delle divinità, quelle stesse divinità che daranno vita all'illustre progenie, ovvero la casata imperiale giapponese, la quale al di là di ogni leggenda o mito, è quella che al mondo vanta il primato di aver regnato più a lungo di ogni altra e ininterrottamente. Le vicende che caratterizzano la prima fase della storia e della mitologia giapponese presentano alcuni punti di singolare importanza.
    E' indubbio, giusto per citare alcuni esempi, che la visita di Izanagi al mondo di Yomi possa tracciare un parallelo con la vicenda di Orfeo ed Euridice; soprattutto in relazione alla regola secondo la quale a Izanagi viene proibito di guardare il volto della moglie. Un'altra interessante similitudine è rilevabile nella vicenda in cui Izanami riferisce al marito di non poter fare ritorno nel mondo dei vivi, perché ha mangiato il cibo di Yomi; la similitudine é con la vicenda che vede protagonista Persefone rapita da Ade, dio degli inferi, il quale la rapì ancora fanciulla e la portò con sé per farne la sua sposa. In seguito le venne offerta della frutta e Persefone la mangiò: essa era uno stratagemma di Ade. Chiunque avesse mangiato quel cibo sarebbe stato costretto a rimanere negli inferi per l'eternità.

    Un'altra immagine di Izanagi (lett.: colui che invita) e Izanami (lett.: colei che invita)
    izanami
    Vi sono altri paralleli e gli stessi studiosi del Kojiki hanno rilevato molte somiglianze fra miti occidentali e i miti presenti nell'opera. Qualsiasi comparazione però tende a risultare svantaggiosa per il Kojiki. Vicende simili, ma sensazioni del tutto diverse.
    Basti citare la vicenda di Orfeo ed Euridice: Euridice pregò il marito di guardarla in volto e lui, pur sapendo che l'avrebbe perduta, lo fece. Questo porta il lettore a provare compassione in quello che può rappresentare un tipico elemento di pathos, proprio della mitologia greca. Nella simile vicenda del Kojiki, invece, questo elemento è assente e anzi viene rappresentata con un certo cinismo. L'autore non voleva catturare la sensazione del lettore, ma solo presentare i nudi fatti. Il Kojiki era una cronaca nazionale e perciò doveva, innanzitutto, legittimare un passato glorioso per giustificare il potere e il diritto a regnare degli imperatori che ne ordinarono la compilazione. Altri elementi come le pesche, utilizzate come armi, sono da considerarsi piuttosto "eterei", nonostante esse avessero poteri magici; o lo stesso fatto che non sia ben chiaro quale sia il reale potere di Izanagi, il quale essendo una delle divinità procreatrici, ci si chiede, perché mai non avrebbe potuto disperdere i propri inseguitori e sistemare la faccenda con un solo gesto.
    Così come la totale assenza di esseri mortali o presunti tali, in talune vicende, lascia il lettore interdetto e indebolisce l'effetto letterario. E' un po' questo il nocciolo dell'incosistenza della narrazione, seppur immersa in un contesto sicuramente affascinante.
    Vi sono però anche punti del tutto singolari.
    La creazione del mondo avvenuta attraverso la copulazione di due divinità progenitrici è un elemento unico nella mitologia mondiale. Gli studiosi hanno posto l'accento sull'innocenza di questi eventi "sessuali", ma sta di fatto che le isole stesse, come le divinità, furono il prodotto di questo tipo di rapporto e ciò, in parte, giustifica il legame di sangue dell'imperatore con la terra che governa, inalienabile diritto a regnare. Un'implicazione chiaramente politica, ancor più evidente nel Nihonshoki, l'opera storica successiva.
    Izanagi e Izanami, peraltro, non divennero mai oggetto di culto e venerazione popolare come la progenie che generarono. E'piuttosto singolare anche il fatto secondo cui le divinità nate dai lavacri durante la purificazione dalle sozzure di Yomi, abbiano assunto maggiore importanza di quelle nate in seguito alla copulazione, eccezion fatta per le isole stesse generate nel medesimo modo.
    Viene considerata molto importante anche la genesi di divinità da feci e urine di Izanami, che a prima vista può sembrare un evento piuttosto curioso e bizzarro, ma in realtà forse ciò è da attribuirsi al valore che gli escrementi avevano a quel tempo come fertilizzanti agricoli, in una società stanziale e che trovava il principale mezzo di sostentamento nell'agricoltura.

    Vari elementi rendono il Kojiki, nella vicenda che porterà all'era degli dei, un'opera confusa. Molte divinità vengono create per poi scomparire subito dopo. Grande importanza hanno quelle del sole e del mare, mentre quella della luna, Tsukiyomi, non viene più menzionata. Vi è un interesse molto sparuto per piante e alberi, e solo in alcuni aneddoti, peraltro molto significativi, vengono narrate vicende in cui sono protagonisti gli animali.
    Tutte queste contraddizioni, e tante altre, sono ricadute sotto l'accusa di "aggiunte" successive alla compilazione. In realtà quel che manca davvero è la presenza nell'opera di una vera figura centrale o di un eroe, inteso magari nel senso greco della parola, e soprattutto se paragonato a molte letterature epiche del mondo. Vi sono certamente eroi divini o semidei, di cui si tratterà in seguito, ma essi non sono eroi come potrebbero esserlo Achille o Ercole; da una parte per le vicende stesse che li vedono protagonisti, dall'altra per l'inconsistenza della caratterizzazione. L'intensità degli eroi greci e il pathos che ne caratterizza le figure, per citare il parallelo più ovvio, è di una precisione e accuratezza sorprendenti rispetto alle controparti presenti nel Kojiki. Tra l'altro negli eroi del Kojiki la presenza di tratti eroici uniti a qualità molto discutibili sono propri della loro caratterizzazione; ma spesso queste qualità discutibili, a giudicare dalle vicende che ne raccontano le gesta, offuscano totalmente la virtù eroica a tal punto da stravolgere completamente la figura, così come era stata originariamente concepita. Un primo caso esemplificativo di eroe è la divinità Susanoo (建速須佐之男命) e gli eventi che lo vedono protagonista.

    Un'immagine di Susanoo, dio delle tempeste.
    susano

    Susanoo è il primo "eroe", divinità alla quale viene affidato il compito dallo stesso Izanagi di governare i mari. Secondo quanto ci racconta il Kojiki, quando Susanoo ricevette questo ordine scoppiò in un pianto fragoroso tale da "Essiccare le verdi montagne e prosciugare i mari".
    Izanagi sorpreso della reazione di quest'ultimo, chiede perché mai egli stia gemendo e strillando così, invece di regnare sui mari come ordinato. Susanoo risponde che il suo piu'grande desiderio è tornare da sua madre sottoterra.
    E' bene ricordare che Susanoo era venuto al mondo dal lavacro del naso di Izanagi durante la purificazione; perciò, a prima vista,è poco chiaro chi sia questa madre. Il Nihonshoki però dirime la controversia in merito, dicendoci che egli era figlio di Izanagi e Izanami e desiderava recarsi nella terra di Yomi per fare visita alla propria madre Izanami: un viaggio molto pericoloso come sappiamo dal resoconto che vede protagonista lo stesso Izanagi.
    Ciò nonostante, la richiesta di Susanoo fa infuriare Izanagi, il quale senza esitare bandisce il figlio. Questi al momento di accomiatarsi dalla sorella Amaterasu le riferisce che le sue intenzioni non erano certo cattive, e per dimostrarlo le suggerisce di fare insieme un giuramento e mettere al mondo dei figli; se questi figli saranno buoni, ciò sara la piena dimostrazione della sua buona fede.
    La vicenda è sicuramente molto bizzarra e non è un vero e proprio incesto, se non concettualmente, anzi è qualcosa di molto singolare.
    Amaterasu prende la spada di Susanoo, la rompe in tre pezzi e li mastica e, dopo averli sputati, dallo spruzzo vaporoso che viene prodotto nascono tre divinità femminili. A quel punto, Susanoo prende le perle intrecciate nei capelli di Amaterasu, le risciacqua e, dopo averle masticate, le sputa producendo cinque divinità. Anche in questo caso potrebbe sorgere il dubbio se queste divinità siano la progenie di Amaterasu, in virtù del fatto che le perle erano le sue, o di Susanoo il quale le aveva masticate e aveva messo al mondo questi figli.
    Comunque sia, Susanoo reclama la vittoria perché l'esperimento è riuscito e ne è così intossicato da compiere una serie di "gesta" a dir poco eccentriche: abbatte gli argini che separano i campi di riso di Amaterasu, defeca e, successivamente, sparge queste feci in una sala sacra; per coronare le sue nefandezze apre un buco nel soffitto nella stanza del telaio di Amaterasu e cala attraverso di esso un "cavallo pezzato del Cielo, scorticato a rovescio", proprio mentre una tessitrice stava lavorando per tessere le "vesti del Cielo". La poveretta è terrorizzata a tal punto da prendere la spola e trafiggersi il basso ventre, morendo.
    Di eroico in questa serie di eventi non v'è nulla, fatta salva l'intensità crescente che li accompagna. Susanoo, fra l'altro, nella successiva opera dinastica, il Nihonshoki, viene descritto come una divinità dal temperamento feroce e crudele che si compiace della distruzione. Sebbene i comportamenti umani e quelli divini siano ben distinti, in questo caso particolare Susanoo non ha nulla di divino. Tant'è che la sorella Amaterasu, la quale aveva anche giustificato il fratello in seguito ai suoi comportamenti vergognosi, ne rimane così sbigottita da chiudersi in una cava, chiamata Ama no Iwato (天岩戸), gettando il mondo nell'oscurità. E' bene ricordare che Amaterasu vuol dire pressappoco "splendore del Cielo", ed era quindi la divinità preposta alla luce e al sole. Il mondo, sprofondato nell'oscurità, diviene teatro delle gozzoviglia di altre divinità; Amaterasu ode le loro tonanti risate di sollazzo, mentre assistono alla danza lasciva di Ama no Uzume (o Ame) (天宇受売), traducibile pressappoco come "la terribile femmina celeste".
    Il suo scopo è di attirare Amaterasu fuori della cava per ridonare la luce al mondo, in una vicenda che ha dei tratti decisamente sciamanici, soprattutto in relazione alla danza di carattere quasi rituale e all'estasi che pervade la scena, connotata dall'atteggiamento licenzioso della dea danzante. Fatto sta che Amaterasu, incuriosita, decide di uscire dalla cava allettata dalla voce di Uzume, la quale cerca di adescarla dicendole che tutto quel divertimento e quell'allegria sono dovuti alla presenza di una divinità assai superiore alla dea del sole. Uscendo, diffidente, vede la sua immagine riflessa in uno specchio, noto come Yata no Kagami (八咫鏡), ovvero "specchio di otto ata" -un ata è un'antica unità di misura molto usata in passato e in questo caso indica uno specchio il cui diametro è piuttosto ridotto- sorretto da due dei, i quali lo fanno sporgere in avanti affinché Amaterasu veda la propria immagine riflessa.
    La dea ne rimane incantata e mentre si attarda davanti allo specchio, il dio maschio celeste le afferra la mano e la trae completamente fuori. Alle sue spalle la cava viene richiusa, le viene legata una lunga corda intrecciata, lo shimenawa (注連縄), tesa dietro la schiena e le viene detto di non tornare mai più in quella caverna.

    Ecco una raffigurazione dell'evento. Sullo sfondo Amaterasu che risorge dalla cava. In primo piano Ame no Uzume, a sinistra le divinità che sorreggono lo specchio Yata no Kagami, simbolo di Amaterasu e che si ritiene contenga il suo spirito. E' uno dei tre sacri tesori facente parte delle insegne della famiglia imperiale giapponese e simboleggia la saggezza.
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    Qui una raffigurazione di Ama no Uzume considerata una delle divinità piu'importanti nel pantheon shintoista. Simboleggia l'alba, la baldoria, il divertimento.
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    Fotografia di uno shimenawa. E' generalmente in paglia di riso e viene teso orizzontalmente, come narrato nella vicenda del Kojiki. Inoltre dei ciuffi di paglia pendono in giù a rappresentare i raggi del sole, come si vede in un dipinto precedente, che raffigura Amaterasu mentre esce dalla cava immersa in un bagliore di luce. Il significato di shimenawa sta forse per "corda che chiude, limita (il passaggio delle disgrazie)". E' difatti uno degli elementi più usati nel culto shintoista e ha lo scopo di tenere lontano le impurità e gli spiriti malefici. Da notare anche gli shide (紙垂), ovvero le "quattro carte penzolanti", che sono un altro elemento caratteristico e sono generalmente formati da quattro pezzi di carta con profilo a zig-zag. Il fruscio da essi prodotto, quando vengono agitati, ha lo scopo di tenere lontano le divinità malefiche.
    Shimenawa_shrine01

    Tornando al racconto, dopo l'uscita di Amaterasu, le divinità dell'alta piana del cielo decidono di esiliare Susanoo, ma solamente dopo avergli imposto una "multa di mille tavole", di tagliarsi la barba, strapparsi le unghie, e dopo averlo esorcizzato. Una volta disceso sul mondo dei mortali torna a essere un eroe nel senso proprio del termine, uccidendo il dragone, Yamata no Orochi (ヤマタノオロチ / 八俣遠呂智) -una sorta di Idra, un mostro dalle molte teste, otto nel caso di Yamata no Orochi-, che affliggeva la provincia di Izumo (出雲), liberando così la gente da questa disgrazia, e sposando all'occorrenza diverse dame della regione. Il suo comportamento è cambiato così radicalmente, rispetto a quello capriccioso visto precedentemente, da apparire sorprendente. L'associazione di questa divinità con Izumo, così come Amaterasu è associata con Yamato (大和), "la grande armonia" (denominazione della regione centrale del Giappone antico ritenuta la culla della civiltà giapponese), suggerisce che fosse inizialmente una divinità propria di questa regione, poi adottata nel panteon shintoista quando la corte di Yamato estese la sua autorità anche su Izumo, e quindi mantenne le sue origini "aliene".

    Due pitture raffiguranti Susanoo che combatte con Yamata no Orochi. Il drago richiedeva delle vergini in sacrificio con la promessa di non devastare la provincia.
    800px-YamataNoOrochiYoshitoshi_Nihon-ryakushi_Susanoo-no-mikoto

    Un dipinto suggestivo di Yamata no Orochi:
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    Alla vicenda di Susanoo è legata in particolare una poesia, attribuita alla stessa divinità, composta in occasione della costruzione di un palazzo per la sua sposa e tradizionalmente considerata la prima poesia della letteratura giapponese mai composta. Ve la propongo anche in originale e con la trascrizione perché credo che nella sua semplicità sia molto significativa e molto affascinante.

    八雲立つ  Yakumo tatsu
    出雲八重垣 Izumo yaegaki
    妻籠みに Tsumagomi ni
    八重垣作る Yaegaki tsukuru
    その八重垣を Sono yaegaki wo


    Mia traduzione letterale:
    Otto strati di nuvole si elevano.
    Un recinto (o siepe) a otto strati si è formato.
    Un recinto (o siepe) a otto strati in Izumo
    dove tener la mia sposa.
    O splendido recinto (o siepe) a otto strati !


    Traduzione libera(da una vecchia edizione italiana del Kojiki):
    Otto nubi si elevano in Izumo.
    Un'ottupla siepe.
    Per dormire insieme alla sposa
    un'ottupla siepe si è costruita.
    Ah! Quell'ottupla siepe!


    Per ora vi lascio in poesia e con questa mia rima, ovvero che...lo leggiate quanto prima... ^_^ ^_^

    Edited by MusashiMiyamoto - 19/12/2019, 23:24
     
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